Buongiorno a tutti, oggi me la sento un po’ polemica.

Magari vi ricorderete che dalle pagine del nostro sito abbiamo lanciato un sondaggio per determinare la miglior entry italiana all’Eurovision Song Contest degli ultimi 10 anni.
A trionfare con il 46% dei voti è stata Emma Marrone, seguita da Marco Mengoni al 41% ed Ermal Meta e Fabrizio Moro al 5%.

Ammetto che sono stato molto naïf e mi aspettavo una competizione online onesta e trasparente. #einvece…
Senza volerlo mi sono trovato a gestire una situazione simile a quella del televoto di Sanremo o dell’Eurovision Song Contest.
Una competizione tra fandom scatenati e senza pietà. Un turbine di insulti sui social tra tifoserie opposte. Ma anche offese dei fandom verso il nostro sito, reo di aver manipolato (come se ci venisse in tasca qualcosa) un sondaggio di prima importanza (ma che davvero?).
Non contava più aver la canzone migliore, ma avere una base di fan ben organizzata, capace di mobilitare quante più persone per votare per il proprio beniamino a prescindere dalla canzone e dalla competizione.
Questo mi ha fatto pensare che forse è il caso di dire STOP AL TELEVOTO.

La modalità di un voto online (o telefonico) aperto per un numero infinito di tempo, a prescindere dalle esibizioni e senza correttivi, porta inevitabilmente a storture nel risultato finale.
Immaginiamo una visione delle 10 canzoni, seguita da una finestra di soli 20 minuti per votare. Sarebbe forse finita con la vittoria di Emma?
Probabilmente sì. E qui entrano in gioco le giurie. Non influenzate dalla fede cieca per un artista, possono giudicare in modo sereno ed indipendente. Quali che siano i criteri che adoperano.
Portei citare molti casi, e lo farò.

Nei primi anni duemila, con l’avvento del televoto, all’Eurovision c’è stata una mezza rivoluzione. Assuefatti da una serie interminabile di vittorie irlandesi, non ci è sembrato vero di vedere vincere e monopolizzare la parte della classifica paesi come Russia, Ucraina, Turchia, Grecia, Serbia.
Come mai?
- Il cosiddetto diaspora voting, ovvero il voto delle comunità nazionali all’estero. Era totalmente normale vedere i dodici punti tedeschi andare d’ufficio alla Turchia (comunità straniera più numerosa in Germania);
- I mercati musicali comuni. I paesi dell’ex orbita sovietica ruotano ancora attorno al mercato musicale russo, ai tanti programmi e canali musicali russi. Quindi non è difficile capire perché un Dima Bilan o Sergey Lazarev prendano valanghe di punti a prescindere dalla loro canzone. Lo stesso motivo per il quale non dovremmo tanto stupirci dello scambio di 12 punti tra Romania e Moldavia o Grecia e Cipro.
Le giurie quindi hanno smorzato questo effetto incontrollato del televoto. E per quanto non possa piacerci, se non fosse per le giurie molte canzoni di gran qualità avremmo faticato a vederle in finale. Due esempi: Israele nel 2016 e la Danimarca nel 2017.

E Sanremo?
Ecco, quello è un discorso ancora più complicato, perché non esistono i due correttivi al televoto dell’Eurovision: non votare per il proprio paese e finestra di televoto limitata.
Al Festival della Canzone Italiana la votazione è aperta all’infinito, permettendo ai fandom di muoversi in piena libertà. Questo mette in secondo piano anche la gara, visto che il voto comunque è affidato alle paturnie dei fan e non alle performance dei cantanti.
Ricordiamo quindi con piacere la controversa scelta della giuria sanremese nel 2019, che in modo visionario soverchia la scelta del televoto e regala una carriera d’oro a Mahmood.

Riassumendo, le giurie SERVONO eccome. E mettiamoci il cuore in pace, per vincere all’Eurovision bisogna piacere agli spettatori a casa tanto quanto ai professionisti delle musica che votano la sera precedente.
E vince solo uno su 40 e passa paesi. Insomma, bisogna saper perdere!