Ungheria: ragioni di un addio (forse annunciato)

Impazzano nelle ultime ore articoli dove si specula sul chiacchierato ritiro dell’Ungheria dall’Eurovision Song Contest 2020.

Potevamo mancare noi con le nostre opinioni non richieste? Certo che no.

Le versioni più o meno ufficiali di questo addio sembrano essere legate al fatto che la manifestazione sia diventata, negli ultimi anni, troppo gay-friendly. Ci chiediamo quindi esattamente cosa abbiano guardato in Ungheria in televisione, visto che il binomio Eurovision-comunità LGBT è praticamente vecchio come il mondo e la vittoria di Conchita Wurst lo ha solo che confermato.

C’è da dire inoltre che la tv ungherese in più occasioni ha strizzato l’occhio al pubblico gay, che magari non ha ripagato con piogge di 12 punti ma sicuramente con apprezzamento e seguito.

Ma davvero il governo sovranista (e un po’ fascistello) di Viktor Orbán vuole darci a bere che il motivo per il quale la tv di stato si è ritirato è questo?

Ecco, noi che non siamo nati ieri (figuratevi io) non ce la siamo bevuta. Ovviamente i motivi sono tutti politici. Orbán non è nuovo a scelte discutibili quando si tratta di propaganda. La sua tecnica di epurazione nella tv pubblica è iniziata nel 2010 ed è continuata in modo inarrestabile fino ad oggi. Il risultato è una tv che in pratica celebra la figura del primo ministro semi-Dio.

Negli ultimi anni l’Unione Europea si è improvvisamente accorta dei modi del tutto poco democratici con i quali Orbán governa nel suo paese e ha già minacciato di imporre pesanti sanzioni. Pare quindi ovvia la rinuncia di partecipare all’Eurovision Song Contest come sfida aperta ai valori democratici e l’intento di accrescere un senso di distacco dall’Europa.

Insomma, Orbán sta semplicemente tornando sulle orme di un altro pazzo leader antidemocratico. Parliamo della Turchia di Erdogan, che ormai non partecipa più al contest dal 2012. Alla fine questo evento conferma ancora una volta che uno show fatto da tv statali non può non prescindere da influenze politiche.

Ad onor di cronaca possiamo però aggiungere l’unico elemento che per noi avrebbe giustificato un ritiro (e che invece non è particolarmente utilizzato da fonti governative): il costante calo di telespettatori e quindi il mancato ritorno pubblicitario per la tv statale.

Sarà tuttavia solo un ritiro temporaneo o dobbiamo prepararci ad una lunga assenza? Difficile dirlo.